Cultura

LA VIOLENZA INIZIA DALLE PAROLE

Unite per sensibilizzare sull’importanza dell’uso di un linguaggio non violento. #WordsThatHurt.

Il linguaggio ha un ruolo centrale nel cambiamento culturale necessario per avere uno sguardo diverso sul fenomeno della violenza di genere.

Babbel, Donne in Rete Contro la Violenza e la Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano unite per sensibilizzare sull’importanza di un linguaggio non violento

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

L’origine di questa giornata risale al 25 novembre 1960, quando nella Repubblica Dominicana le sorelle Mirabal, che si opponevano a Trujillo furono assassinate per ordine del dittatore. È stato però solo nel 2000 che le Nazioni Unite hanno dedicato questo giorno alla sensibilizzazione sulla violenza contro le donne.

Ancora oggi, la violenza contro le donne ha le dimensioni di una pandemia globale: 1,2 miliardi di donne nel mondo, ovvero una donna su tre, l’ha subita (fonte: ONU).

La violenza non è solo fisica

Alcune parole ed espressioni della nostra quotidianità – per strada, a casa, al lavoro, sui social media – possono infatti colpire le donne altrettanto duramente. Intimidazioni, umiliazioni e colpevolizzazioni sono tutte forme di violenza che danneggiano l’autostima delle donne.

Non solo: le parole hanno il potere anche di rafforzare certi pregiudizi e giustificare comportamenti aggressivi.

Sono i modi di parlare, spesso radicati in vari pregiudizi, a diventare modi di pensare.

“Se consideriamo che il linguaggio è il filtro principale attraverso il quale percepiamo il mondo, è evidente che influenza il modo in cui ci relazioniamo e formuliamo giudizi sugli altri.

La parola ha un grande potere

Purtroppo ci sono molte espressioni quotidiane che confermano il pregiudizio subconscio secondo cui gli uomini sono intellettualmente, fisicamente e moralmente superiori alle donne” ha commentato Sara Grippo, Senior Editor nel team di didattica di Babbel.

Con l’obiettivo di sensibilizzare e contribuire a ridurre la violenza di genere, gli esperti di linguistica di Babbel, l’app che ti aiuta a superare le barriere linguistiche e quelle lavorative, hanno stilato una lista di espressioni che feriscono e a cui dover prestare attenzione. Ecco una loro possibile classificazione:

Sul lavoro

Diverse espressioni utilizzate nel mondo del lavoro sminuiscono le capacità delle donne.

Alcune espressioni trasmettono il messaggio che certe posizioni lavorative siano adatte solo agli uomini come nel caso di “Questo lavoro non è adatto ad una donna” e che il ruolo delle donne debba essere confinato alla cucina (“Datti ai fornelli”). Inoltre secondo alcuni modi di dire le donne possono arrivare in alto solo usando il loro corpo (“Con chi sei stata per fare questo lavoro?”).

Quando poi una donna dimostra le sue competenze la si paragona a un uomo “Una donna con le palle”.

Inoltre le donne sul posto di lavoro vengono talvolta considerate frustrate e acide: “La mia capa/collega è acida, avrà il ciclo” ne è solo un esempio.

L’amore non è possesso

Certe espressioni come “Se non stai con me, non puoi stare con nessuno” e “Perché non hai risposto subito al telefono?” non sono espressione di amore e preoccupazione. In realtà rivelano l’intenzione di avere il controllo sull’altra persona. Altre espressioni esprimono più esplicitamente l’intento di controllo, come “Vestita/truccata così non esci”.

Attacchi all’autostima

Spesso le donne che vivono una situazione di violenza hanno difficoltà ad uscirne perché il maltrattante le umilia al punto da distruggere la forza e l’autostima necessarie per lasciare la relazione tramite espressioni come “Zitta, a nessuno importa quello che dici”, “Nessuno ti crederà” o ancora “Sei pazza, non è mai successo, ti inventi tutto”.

Le minacce

Il timore per la propria incolumità e quella dei loro affetti scaturito da minacce e ricatti come “Se mi lasci, mi uccido”, “Se lo dici, ti ammazzo”, “Se provi a sentire ancora X (amico/collega), vedrai che succede” è uno dei motivi per cui molte donne rimangono in situazioni di abuso o evitano di denunciare i propri aggressori.

La vittimizzazione

Si ricerca spesso un movente o una giustificazione del reato nei comportamenti o nell’abbigliamento della donna. “L’hai provocato”, “Cosa indossavi?” e “Eri ubriaca” sono solo alcuni esempi.

Il delitto passionale e il ritratto dell’aggressore

Gli eventi dall’epilogo più grave vengono narrati come “delitti passionali”, dei gesti folli dovuti al “troppo amore” o giustificati dalla gelosia come qualcosa che “acceca”.

Inoltre, spesso l’aggressore viene ritratto come una persona per bene per suscitare empatia nei suoi confronti, ad esempio “Sportivo, credente e ottimo lavoratore: il ritratto di X”.

Unite contro la violenza

Babbel si è unita a D.i.Re – Donne in rete contro la violenza, la più grande associazione senza scopo di lucro che si occupa di violenza contro le donne in Italia e che riunisce in una unica rete 81 organizzazioni di donne che gestiscono oltre 100 centri antiviolenza e case rifugio – e a La Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano (CADMI) – il primo Centro Antiviolenza nato in Italia, nel 1986, punto di riferimento per le donne che subiscono violenza, sia essa fisica, psicologica, sessuale, economica e stalking, che negli anni ha messo in luce e ha affrontato il tema della violenza nel contesto domestico, affiancando dalla sua nascita ad oggi oltre 30 mila donne in difficoltà e seguendo 600 progetti di ospitalità per donne in stato di pericolo – per sensibilizzare sul linguaggio che dobbiamo lasciarci alle spalle e per promuovere l’impegno per una comunicazione non violenta.

Babbel, in qualità di esperto di lingue, ha voluto sostenere D.i.Re e CADMI – in Italia – e altre organizzazioni nel mondo che combattono la violenza di genere, promuovendo la conoscenza della lingua attraverso borse di studio per i loro corsi così che le donne sopravvissute alla violenza possano riqualificarsi professionalmente, facilitando quindi il loro inserimento nel mondo del lavorativo.

#WordsThatHurt

Inoltre #babbel, per cercare di sensibilizzare sul tema della violenza verbale di genere generando consapevolezza linguistica, invita tutte le donne in tutto il mondo a condividere sui social le espressioni di vessazione verbale che hanno vissuto con l’hashtag #WordsThatHurt.

“La partnership con #babbel è per noi una bellissima opportunità. E questo non solo perché consente alle donne sostenute dai centri antiviolenza della nostra rete di fare un ulteriore passo verso la propria autonomia al termine di un percorso di fuoriuscita dalla violenza.

Impegnandosi per un cambiamento del linguaggio, #babbel fa proprio l’impegno decennale di Donne in Rete Contro la Violenza per un cambiamento culturale che contribuisca a eliminare la violenza contro le donne. Diventare consapevoli degli stereotipi nascosti dietro la lingua che usiamo tutti i giorni, e abbandonarli, è fondamentale perché significa fare spazio a relazioni tra i sessi incentrate sul riconoscimento dei diritti e della libertà delle donne”, afferma la presidente Antonella Veltri.

“Da sempre siamo convinte che il linguaggio abbia un ruolo centrale nel cambiamento culturale necessario per avere uno sguardo diverso sul fenomeno della violenza di genere.

Non parliamo di VITTIME parliamo di DONNE, in stato di temporaneo disagio

Il termine “vittima” infatti stigmatizza la donna in un ruolo passivo e ignora la forza di cui è portatrice quando intraprende il faticoso percorso di uscita dalla violenza. La Pratica dell’Accoglienza utilizzata dalle operatrici di CADMI, è basata sull’ascolto: le parole che utilizzano le donne per raccontarci la loro storia hanno un peso fondamentale per capire come sostenerle e costruire con loro un progetto di uscita dalla situazione in cui vivono.

Grazie a questa importante risorsa donataci da #babbel potremo offrire alle donne che accogliamo e alle operatrici del Centro Antiviolenza, la possibilità di apprendere o consolidare una lingua diversa dalla propria.

Questo avrà una ricaduta positiva per le donne che ne usufruiranno.

Il mondo del lavoro richiede sempre di più competenze linguistiche e il lavoro e la conseguente autonomia economica sono fondamentali per poter uscire dalla violenza”. – dichiara la Presidente Manuela Ulivi.

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