Racconti di viaggio

RICORDI : LA COREA DEL SUD. QUELLA VOLTA CHE…

L’amica Raffaella mi dice al telefono sbalordita :“Hai visto cosa è successo in Corea del Sud? A Seul, mica in quella del Nord.

Già …la Corea del Sud. Ogni tanto mi diverto a racconta qualcuna delle mie improbabili avventure di viaggio nonché dei miei ancora più improbabili lavori di quando ero giovane.

La mia storia di lavoro con i coreani è forse una di quelle che gli amici e la mia famiglia mi hanno fatto raccontare più frequentemente.

Dunque… collochiamo la storia nel 1983… o giù di lì. Ero poco più che ventenne e frequentavo l’Università IULM. Il lavoro interinale non esisteva, ma a Milano all’epoca c’era una agenzia danese precorritrice di questo tipo di somministrazione di lavoro.

Mi chiamano dall’agenzia e mi chiedono se sono disponibile a lavorare per una importante azienda sudcoreana. Lo stipendio è molto alto per una ragazza della mia età, ma direi assolutamente anche per l’epoca.

L’indomani mi presento tutta faiga ed elegante in un palazzo chic del centro di Milano.
DLIN DLON… !

Mi apre un coreano bassetto e cicciottello dell’aria simpatica. Contemporaneamente vengo investita da un olezzo di aglio che mi sbianca le sopracciglia…
Porca miseria, ma che diavolo è???!!!
Welcome! mi dice il tipo.
Alla faccia del Welcome, penso io.
Mi conduce lungo il chilometrico corridoio di questo enorme ed elegante ufficio.
Mentre cammino, da tutte le stanze, si affacciano gli impiegati … tutti uomini… solo uomini.
Mi squadrano incuriositi e sorridenti.
Ok!

Il Presidente si alza dalla sontuosa poltrona, mi dà la mano e mi accoglie come se avesse visto la Madonna.
Mi invita a sedermi. Il colloquio si svolge in inglese. Diciamo …inglese asiatico.
Mi spiega di cosa si occupa la società e quali saranno le mie mansioni.
Si tratta dell’ufficio acquisti per tutto l’ Occidente e io mi dovrò occupare di… tutto perché loro non capiscono una cippa di italiano, ma soprattutto non capiscono assolutamente nulla di come funziona l’Italia.

Praticamente mi trovo improvvisamente ad adottare un gruppo di maschi coreani adulti e a fare carriera diventando capo di una società di cui non so nulla. Molto bene!

A questo punto il Presidente Mr Y se ne esce entusiasta con un “Do you want to walk with me?
Dice proprio walk…

Mi chiedo perché dovrei mai andare a passeggiare con lui, comunque sono pronta a tutto.
Dico: va bene… dove andiamo? Si alza anche lui. Momento di imbarazzo.
Lui ripete frenetico: Walk …Walk …Walk…
Lo guardo: Mr. Y, Work o walk ???!!!
Lui : Yes, Walk!
Comunque era Work. Ok Accetto!

Realizzo da subito che sarà tutt’altro che facile gestire questi coreani.

Comincio il giorno dopo. Mi danno una stanza imperiale di fianco alla stanza monumentale del Presidente. Se fossero stati 7 avremmo potuto recitare Biancaneve i 7 nani, ma loro erano molti di più.
C’erano il Presidente Mr Y., il Direttore Mr K., il vicedirettore Mr P. e 13 ingegneri che di cognome facevano Lee. Il cognome era preceduto dalla sigla del nome tipo JC Lee, BJ Lee, SJ Lee, e via discorrendo.
Non solo erano tutti ingegneri, si assomigliavano tutti e avevano tutti lo stesso stramaledetto cognome. Imparerò!

Il primo giorno di lavoro, raduno la ciurma, mi presento e chiedo di spalancare le finestre e arieggiare le stanze ogni mattina prima che arrivi io. Poi li obbligo ad aiutarmi ad ordinare gli uffici e la sala riunioni perché c’è un disordine mortale e non si trova niente.
Chiedo al cuoco di tenere la cucina impeccabile e di non cucinare con le finestre chiuse. Avevo dimenticato che c’era anche il cuoco, Mr Lee.

Il Presidente Mr Y annuisce compiaciuto. Loro mi ubbidisco. La famosa disciplina orientale.

Telex machine

Entro nella stanza del Telex … già non c’era mica internet o il fax per scrivere a tutto il mondo… c’era il malefico Telex. Prendo un Lee a caso e gli chiedo di insegnarmi ad usarlo perché non ne avevo mai visto uno in vita mia.

Mi attacco al telefono e comincio a contattare gli uffici vendite dei più importanti fornitori italiani. Innesco e organizzo i meeting per gli acquisti.

Qui comincia un fantastico andirivieni di top top managers che diventa anche uno dei miei divertimenti preferiti.

Per me è uno spasso guardare le facce ammiccanti dei business men quando apro sorridente, capelli lunghi neri fino al sedere, truccata e col taccazzo, trasformarsi nello sgomento totale quando percepiscono l’effluvio pestilenziale di aglio che mi circonda come un mantello.

Una volta uno sulla soglia si è tappato il naso con la cravatta: “Ma come fa a vivere qui dentro?”

L’altro mio divertimento era uscire sul corridoio e gridare: Mr Lee!!!… e farli uscire tutti.

Mr K, il vicedirettore, era un esperto di arti marziali. Il suo scherzo preferito era di entrare urlando di sorpresa nella mia stanza e tirare un colpo fortissimo di karate alla mia scrivania. Tipo Kato e l’ispettore Clouseau. Mi spaventai solo la prima volta. Lo lasciavo sfogare e fare tutte le mosse conosciute finché se ne andava: Ha finito?
Mr K guidava malissimo. Tutti i giorni faceva un incidente stradale. Un giorno investì un motociclista. Mi chiamò da una cabina telefonica. Non sapeva dove era e non riusciva a spiegarsi, così pensò bene di andare a prendere il motociclista infortunato sdraiato in mezzo all’incrocio. Lo trascinò fino alla cabina e me lo passò. “Pronto? Sono il motociclista. Mi aiuti. Sono ferito. Chiami una ambulanza. Siamo in Piazza Maciachini”.
Il Presidente faceva dei cazziatoni pazzeschi a Mr K per via della sua scarsa abilità al volante, ma lui entrava nella mia stanza, tirava un colpo di karate, rideva e se ne andava.
Che pazienza!

Lavorai con loro quasi 1 anno. Erano gentilissimi. Stacanovisti. Lavoravano a tutte le ore perché c’erano i fusi orari di tutto il mondo da rispettare. Si erano affezionati moltissimo a me. Sapevo tutto della loro nostalgia di casa. Tranne Mr Y, erano qui tutti senza famiglia. Li accompagnavo anche dal medico. Ho assistito al fidanzamento del giovane Mr P. con una ragazza che non aveva mai visto, imposta dalla famiglia. Naturalmente cercai di fargliela lasciare. La tradizione e i legami familiari ebbero la meglio sulla sua voglia di modernità.

Quando decisi che era venuto per me il momento di intraprendere la mia vita pazza in giro per il mondo, su e giù dagli aerei, la presero peggio di un funerale. Fecero di tutto per trattenermi. Il Presidente mi propose di raddoppiarmi lo stipendio. Ero troppo incosciente e ribelle per accettare.
Vollero farmi un regalo. A tutti i costi. Io non volevo.
Cosa possiamo regalarle Miss Ivana? Chiesi un profumo. Il Presidente Mr Y mi portò in via Montenapoleone e mi regalò un bottiglione di Chanel nr 5.
Dopo tutto quell’odore di aglio era il minimo.

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