Quella bandiera che unisce
Sono quelli della famosa partita Italia-Germania 4-3 del 1970, della cavalcata vincente di Paolo Rossi e soci in Spagna 1982, e ancora quelli che hanno saputo colorare di “azzurro il cielo di Berlino”, come disse il giornalista Rai Marco Civoli nel 2006. Ma sono anche quelli delle “Notti magiche” di Italia ’90, del rigore sbagliato di Baggio, il campione più vero di tutti, a Usa’94 e quelli che hanno dato l’anima con Antonio Conte, il cui entusiasmo è stato fermato ai rigori dalla Germania nel 2016.
Si sono proprio loro, gli Azzurri della Nazionale di calcio per la quale abbiano sofferto e gioito in tutti questi anni, avendo il sottoscritto un’età per poter dire:” io c’ero”.
Una squadra che, qualunque sia la nostra fede calcistica, per qualunque club batta il nostro cuore, è capace, ogni volta che gioca o quasi, di fermare l’intera nazione e di unire tutto il popolo, anche quello meno appassionato, sotto un’unica bandiera. Spesso si sono resi protagonisti, nel bene e nel male, di episodi che comunque hanno distolto l’attenzione di tutti dai problemi reali e dalle magagne del Bel Paese, riportando felicità ed entusiasmo, a volte oltre il limite, laddove queste sensazioni mancavano da un pezzo. Il tutto solo perché hanno saputo correre dietro a un pallone meglio di tanti altri. E allora ben venga il pallone!
Ora questo compito è affidato a Roberto Mancini e ai suoi ventisei ragazzi che da venerdì saranno impegnati in Euro 2020 (il campionato continentale che, causa Pandemia, si disputa un anno dopo ma che ha mantenuto questa data forse proprio per ricordarci in futuro che cosa è successo).
Una squadra che ha saputo ricominciare da zero in uno dei momenti più bui della nostra storia, tecnica e, in gran parte, politica, con il calcio italiano commissariato ma con un CT che scegliendo una strada nuova o poco sperimentata ha cercato con successo di restituire entusiasmo alla gente, diventando una stella colorata di azzurro.
A volte sono cambiati gli interpreti, ma mai la sostanza e Mancini ha creato il Gruppo, con la “G” maiuscola.
Un mix di esperienza e leggerezza, dove regna il rispetto e il riconoscimento dei ruoli. Dove il calcio è un po’ più vero, un po’ più lontano da interessi personali, dal business votato all’unico scopo di far sembrare il bilancio un po’ meno in rosso di quello che in realtà è.
Un gruppo che, in una situazione un po’ surreale fatta di stadi vuoti e di continue positività al Covid (che ha colpito persino lo stesso Mancini, costringendolo per un paio di partite a dirigere la panchina azzurra in “smart working”), ha ritrovato entusiasmo e voglia di vincere.
A confermarlo sono i numeri che parlano di ventisette partite senza macchia e di un accesso al Campionato Europeo conquistato con dieci successi su dieci incontri nel cammino delle qualificazioni.
Ora l’avventura continua e l’Italia di Mancini si presenta tra i grandi favoriti del torneo che per noi inizierà venerdì contro la Turchia. Una situazione scomoda, per cui è meglio dire che la Francia è più favorita, se non altro per scaramanzia, in un campionato che solo una volta nel 1968 ci ha visto vincenti, ma che spesso non è stato così favorevole per i nostri colori. Nel calcio come in tutti gli sport, si sa, l’imponderabile è sempre dietro l’angolo, ma Mancini e i suoi ragazzi sanno bene che non possono deludere i tifosi curiosi di scoprire la nuova Italia nata dal buio e pronta ad accendere la nostra fantasia.
Comunque vada, come si dice, “sarà un successo”, perché siamo sicuri che il Bel Paese si fermerà ancora una volta e che compariranno di nuovo le bandiere tricolori sui balconi e sulle terrazze, proprio come accadde l’anno scorso durante il primo vero “lockdown”. Allora, fu un gesto spontaneo, una reazione collettiva a una situazione improvvisa e sconosciuta, un modo per dare forza e speranza a un popolo impaurito.
Ora c’è più fiducia e magari le bandiere torneranno anche nelle piazze, (però occhio agli assembramenti) proprio come ai bei tempi dei Mondiali di cui sopra. Sarà un cammino lungo e vincente? Non lo sappiamo. In ogni caso, per qualche giorno l’Italia si fermerà e penserà ad altro. Poi, come sempre, non cambierà nulla e tutto tornerà come prima. Ma, intanto, cominceremo a pensare ai Mondiali e l’entusiasmo si accenderà un’altra volta.