Se ne è andato Franco Battiato. Genio indiscusso.
Conobbi Franco nel 1972. Uno dei più bei giorni della mia vita.
di Massimo Costantino
Erano i primi anni settanta. Posso datare la storia nel 1972, anno di uscita di Pollution, il secondo album di Battiato. Il primo era Fetus ma non lo conoscevo.
Scopersi Pollution leggendone la recensione su un giornale di musica quali BIG o CIAO 2001. allora andavano in voga e costituivano il punto di riferimento per i giovani.
Era quella bellissima stagione in cui ci si trovava nei principali negozi di dischi (a Torino era MASCHIO) per ascoltare con gli amici le novità di cui si era letto negli appositi stanzini prima di acquistare il disco.
Ascoltato Pollution rimasi completamente affascinato e conquistato dai suoni dei primi sintetizzatori, dalle immagini di copertina e dal messaggio filosofico che già allora un po’ ingenuamente traspariva da frasi e musica del Maestro.
Qualche tempo dopo Franco venne a Torino per un concerto in un teatro parrocchiale, il Valdocco, in cui, di fronte ad uno sbigottito pubblico di frichettoni sballati, si esibi’ in una luce bluastra, con un sintetizzatore. Emetteva suoni e frequenze che non avevano nulla a che vedere con Fetus o Pollution, una esperienza di musica elettronica assolutamente nuova e fuori dagli schemi, perlomeno nell’ambito della musica pop.
Ne fui completamente rapito.
La volta successiva al due rotonde di Cuorgnè, sempre vicino a Torino, ripetè l’esibizione con qualcosa di diverso e sorprendente come faceva sempre ai suoi concerti.
In quell’occasione a fine serata saltai sul palchetto dove suonava e gli dissi “Franco, sei un genio!”
Mi guardò con sorpresa e mi disse “grazie” con un sorriso. Dopodichè parlammo di musica e altro ed ebbi la conferma che Lui era davvero diverso da tutto.
Gli dissi che avevo dei nastri di musica mia e che mi avrebbe fatto piacere farglieli ascoltare e avere un suo parere.
Mi diede il suo numero e mi disse di chiamarlo quando volevo.
Mi tormentai un paio di settimane prima di avere il coraggio di telefonargli.
Quando finalmente mi decisi, mi invitò ad andare a trovarlo la domenica successiva per parlare di musica e ascoltare il mio nastro e le sue ultime cose. Allora abitava a Milano,
Ci andai con un’amica, anche lei entusiasta di quella strana musica (credo mi sia grata ancor oggi per quell’esperienza che le offrii).
Battiato viveva a casa con la madre, una classica signora siciliana che ci offrì il caffè in cucina.
Lui stava registrando con un Revox i suoni tratti dal cozzare di coperchi delle zuppiere del servizio buono di sua madre.
Ci mostrò le sue tecniche, parlammo, ascoltammo, ragionammo e ci godemmo momenti filosofici di quel periodo meraviglioso di scoperte e speranze che erano gli anni settanta.
Uno dei più bei giorni della mia vita.
Successivamente lo vidi diverse volte, sempre ai suoi concerti, dove gli facevamo da roadies col mio piccolo Battiato fan club per godere qualche ora della sua vicinanza.
Oggi mentre scrivo queste righe mi vengono le lacrime agli occhi ma la compassione è per me e non per lui, perché so che non è morto, si è solo trasformato.